Avete mai provato a parlare di qualcosa per voi importante ad un adolescente? Com’è andata? Vi ha ascoltato? Dopo 15 minuti aveva ancora idea di cosa gli avevate detto?
Se avete provato, ma vi è sembrato di sbattere la testa contro un muro, siete nel posto giusto.
Oggi vi svelerò i miei 6 trucchi per parlare ad un adolescente!
Vorrei provare a offrirvi alcuni spunti su come trasmettere contenuti formativi ed educativi a ragazzi e ragazze adolescenti. Lo farò portando alcuni esempi di quelle che, nelle esperienze che ho affrontato, si sono rivelate le modalità più efficaci e le più gradite dai ragazzi stessi. Non mi soffermerò sugli aspetti più teorici, come metodologie e strumenti utili a tale scopo (ad es. l’educazione socio-affettiva o il circle time), sui quali si trova parecchio materiale, ma proverò a darvi consigli concreti.
Bando alle ciance, partiamo con l’elenco!
Indice
Unite l’utile al dilettevole
Cercate di trasmettere i contenuti in modalità differenti dal discorso o dalla lezione frontale.Lo diceva già Orazio più di 2000 anni fa (sì, ho sbirciato Wikipedia): il miglior risultato lo ottiene chi riesce a intrattenere e al contempo insegnare. Riuscire ad istruire con attività divertenti ed interattive è fondamentale.
Di solito proprio questa caratteristica è una di quelle più apprezzate dagli studenti (oltre al fatto che si salta la lezione!) negli interventi di prevenzione e promozione del benessere nelle scuole superiori.
Partite dalle loro conoscenze e dalle loro passioni
Inutile partire con pacchetti preconfezionati. La migliore soluzione è sempre cucire l’abito su misura! Per avere il polso della situazione, partite da quello che i ragazzi sanno, dai loro desideri, dalle loro opinioni ed emozioni sui temi trattati. E naturalmente in questo è essenziale tutelare la privacy e l’anonimato. Per questo, dopo una breve discussione introduttiva, chiediamo ai ragazzi di scrivere tutto quello che gli viene in mente su dei foglietti anonimi.
Indagate le loro passioni e, se non conoscete chi avete davanti, date importanza e spazio fin dal primo momento alla presentazione reciproca. Che sia un incontro in classe o un colloquio individuale, i primi minuti sono fondamentali per instaurare un clima sereno, in cui i ragazzi possano sentirsi accolti e percepire che ci interessa quello che hanno da dire.
Lo scherzo è bello quando dura… il giusto!
Freud diceva che “scherzando si può dire di tutto, anche la verità”. Si può dire una cosa seria scherzando? Ammonire ed informare ridendo? Sì, si può fare!
Prendete spunto dalle pubblicità delle grandi aziende, che puntano tutto sul marketing e sulla promozione del proprio logo: le chiavi che sembrano riuscire a entrare di più nelle corde di chi le vede sono l’ironia e l’umorismo. Alcune pubblicità di questo tipo sono entrate nella storia e anche se magari non sono state trasmesse in tv hanno avuto milioni di visualizzazioni. Un esempio?
La pubblicità della Pepsi vs Coca-cola, in cui un bambino ad un distributore automatico compra due lattine di Coca Cola per usarle come rialzo e riuscire a prendere la lattina di Pepsi, il cui pulsante è più in alto.
Questa modalità può funzionare anche per sensibilizzare e informare su temi seri e problematiche importanti?
Secondo me sì, aggiungendo ovviamente la giusta dose di spiegazione e di serietà quando serve. Ad esempio, nel 2016 lo spot per raccogliere donazioni a favore della ricerca contro la SMA (atrofia muscolare spinale) con Checco Zalone aveva fatto molto discutere per il suo tono sarcastico e poco buonista. Se ne è parlato molto e molti sono stati i fondi raccolti, tanto da replicare l’anno successivo con un altro spot simile.
Usate il linguaggio adatto
Usare il modo di esprimersi di chi si ha di fronte è sempre un accorgimento intelligente per comunicare in modo efficace. Questo include anche tenere in considerazione gli interessi di chi si ha di fronte.
Per quanto sia impossibile generalizzare, cercate di usare stimoli che siano conosciuti dalla maggior parte delle persone. Per parlare a un 15enne meglio usare un canale Youtube rispetto ad un programma televisivo, usare una parolaccia o qualche parola in gergo è meglio che termini aulici e sofisticati.
Attenzione a non esagerare! Il rischio è quello di finire per essere una sorta di caricatura dell’adulto che vuole parlare come i giovani.
Nei nostri incontri nelle classi i miei colleghi ed io abbiamo spesso utilizzato contenuti presi dal web per introdurre alcuni temi. Un video solitamente molto apprezzato vede come protagonisti i Pantellas (youtuber che fanno video divertenti e sono molto seguiti dagli adolescenti) alle prese con alcuni effetti dell’alcol. Pur essendo un video ironico alcune parti sono perfette per spiegare come l’assunzione di alcol porti ad amplificare la parte emotiva poiché va ad inibire la corteccia cerebrale.
Niente paura!
Paura? No grazie! Vi è mai capitato di vedere una di quelle pubblicità progresso in cui si fanno vedere le conseguenze di un comportamento rischioso (ad esempio l’uso di sostanze o la guida in stato d’ebbrezza) in modo diretto e talvolta brutale? Questo genere di messaggio viene solitamente definito “appello alla paura” (fear appeal) e negli scorsi decenni è stata una delle modalità più utilizzate e considerate più efficaci.
L’obiettivo di questa modalità è provocare nel pubblico uno stato di ansia, apprensione, intensa paura che lo dissuada dal compiere un’azione rischiosa o dall’avere una determinata abitudine di vita, potenzialmente nociva.
Solitamente il messaggio è formato da due parti: una di minaccia, la quale presenta un pericolo a cui il ricevente è potenzialmente esposto, e una di raccomandazione, spesso implicita, la quale fornisce indicazioni o modelli di comportamento “protettivi”.
Se da un lato questo genere di messaggio sembra essere efficace su comportamenti a breve termine, per comportamenti che richiedono un mantenimento nel tempo (es. fumo, sicurezza alla guida, abuso di droga, abuso di alcol) non c’è certezza degli effetti a medio-lungo termine. Anzi, diverse ricerche sottolineano come ci possa essere il rischio di produrre effetti opposti a quelli intesi!
Purtroppo ancora oggi c’è chi pensa che questa tecnica o quella del testimonial siano efficaci: non è così. Anzi, spesso l’utilizzo di testimonial porta i ragazzi a considerarsi molto lontani da quel mondo, ascoltando interessati ma considerando quella testimonianza come qualcosa che non li riguarda.
Metteteci il cuore
Ultimo, ma non per importanza, vi consiglio di metterci impegno e passione in quello che fate.
Quando parlate ad un adolescente sappiate che lui capisce e sente molto più di quello che pensate. E sente, soprattutto, se quello che dite è vero per voi. Sente perché lo dite. Sente se lo fate per “dovere” o se ci credete davvero. Credo che una delle cose che gli adolescenti cercano di più negli adulti sia l’onestà, la capacità di essere veri e di ammettere di non essere infallibili.
Troppo spesso si pensa che i ragazzi di questa fascia d’età non abbiano la minima voglia di ascoltare, che qualsiasi cosa gli venga detta loro faranno il contrario, che ha più peso la parola di un loro pari piuttosto che quella di un adulto…
Magari in parte è vero, ma quello che ho notato spesso è il grande desiderio degli adolescenti di essere ascoltati e capiti, senza essere giudicati. Se si riesce a far questo, anche l’adolescente più ribelle riesce a vedere l’adulto con occhi diversi e ascolta maggiormente i consigli che gli vengono dati (anche se magari non lo dà a vedere).
Spero che questo breve elenco possa servire a qualche collega (o professore, genitore, ecc.) che ha voglia di parlare di qualcosa con degli adolescenti e non sa come fare o magari a qualcuno che, quando ci ha provato, non è stato ascoltato.
Vi è mai capitato? Quali altri consigli aggiungereste all’elenco?
Fatemi sapere con un commento!
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